sabato 20 novembre 2010
Dell'Utri non sapeva che Mangano era un mafioso ...
Intercettazioni del 14 febbraio 1980, ore 15.44
Il 14 febbraio 1980 la Criminalpol di Milano, che indaga sull’ex fattore di Arcore Vittorio Mangano per mafia e traffico di droga, intercetta una sua telefonata dalla sua camera all’Hotel Gran Duca di York con Marcello Dell’Utri, che risponde dall’abitazione di Filippo Alberto Rapisarda (all’epoca latitante in Venezuela presso il clan Cuntrera-Caruana), dove si è trasferito dopo aver perso il lavoro in seguito alla bancarotta della società da lui amministrata (Bresciano Costruzioni Sas) e all’arresto del gemello Alberto per il crac della Venchi Unica. Un mese dopo, Mangano verrà arrestato e resterà in carcere per 11 anni, condannato a 13 per mafia (processo Spatola), per droga (maxiprocesso a Cosa Nostra) e infine, in primo grado, a 2 ergastoli per triplice omicidio.
DELL’UTRI-Pronto?
MANGANO- Buonasera, il dottor DEL LUPI (errore di trascrizione della Polizia: si tratta di Marcello Dell’Utri, ndr)?
DELL’UTRI-Oh, caro Mister!
MANGANO-Minchia! Sempre occupato ‘sto telefono!
DELL’UTRI-Si, e per forza. Perché senza ufficio, questa è diventata casa, ufficio, tutte cose.
MANGANO-Ah, l’appartamento, lì è?
DELL’UTRI-Si, a casa.
MANGANO-Perbacco, allora mi dispiace averlo disturbato!
DELL’UTRI-Chi mi disturba? Io stavo lavorando qua, per cui … Dov’è, dov’è?
MANGANO-Sono in albergo. Ha telefonato Tony Tarantino?
DELL’UTRI-Mah, ieri c’ho parlato. Avevo telefonato io, però.
MANGANO-Oggi doveva telefonatre per darci l’appuntamento per me.
DELL’UTRI-Esatto, mi disse che alle quattro mi chiamava.
MANGANO-Alle 4. Io invece, siccome forse lui deve andare fuori, comunque …
DELL’UTRI-Eh, eh
MANGANO-Eh, ci dobbiamo vedere?
DELL’UTRI-Come no? Con tanto piacere!
MANGANO-perché io le devo parlare di una cosa …
DELL’UTRI- Benissimo
MANGANO- Anzitutto un affare.
DELL’UTRI-Eh beh, questi sono bei discorsi.
MANGANO-Il secondo affare che ho trovato per il suo cavallo …
DELL’UTRI-Davvero? Ma per questo dobbiamo trovare i piccioli (i soldi, ndr).
MANGANO-Eh va bè, questo è niente.
DELL’UTRI-No, questo è importante
MANGANO-Perché? Non ce ne hai?
DELL’UTRI-Senza picciolii non se ne canta messa.
MANGANO-Ne hai tanti di soldi. Non buttatevi indietro.
DELL’UTRI-No, non, non scherzo! Sono veramente in condizioni di estremo bisogno.
MANGANO-Vada dal suo principale! Silvio!
DELL’UTRI-Quello ‘n sura (non suda, non sgancia, ndr), manco se…
MANGANO-Non suda? Ma parola d’onore!
DELL’UTRI-E veramente … no, le dico tutto. Ho dovuto pagare per mio fratello soltanto otto milioni solo per la perizia contabile, sto uscendo pazzo, poi ho bisogno di soldi per me per gli avvocati perché sono nei guai … perché sempre per il discorso del pazzo là. Ci dico veramente, io me la prendo a ridere, perché insomma ad un certo punto …
MANGANO-Ah, va bè, si che si può fare?
DELL’UTRI-Anche perché uno … la salute, guarda, è veramente la cosa più importante, per cui dico … sono miliardiario perché c’ho la salute! Purtroppo bisognerà affrontare anche le situazioni …
MANGANO- E lui dov’è, sempre lì a Torino?
DELL’UTRI-Alberto, mio fratello. Si, a Torino. Si,si, a Torino.
MANGANO-A Torino.
DELL’UTRI-Adesso spero che entro un mese ci levano ‘sta camurria …
MANGANO-E rientra
DELL’UTRI-E rientra, insomma si può muovere, comincerà a lavorare … sa, eh ….
MANGANO-E l’ufficio?
DELL’UTRI-L’ufficio non c’è più, l’ho levato. Dov’ero prima io, lei ci venne.
MANGANO-Ho capito …
DELL’UTRI-La società falluta, è venuto il Tribunale, curatori sigilli, eccetera, ed hanno chiuso, tutto … e quindi sono in mezzo ad una strada.
MANGANO- E Tonino (Cinà, altro mafioso palermitano che sarà condannato insieme a Dell’Utri, ndr)l’ha inteso?
DELL’UTRI-Si, l’ho sentito.
MANGANO-E le ha detto qualcosa di me?
DELL’UTRI-No, niente. Mi ha detto che deve venire lui, a fine mese – inizio di Marzo. Si, m’ha detton che lei doveva venire, anche lui dice se vi sentite perché deve venire. Tutto qua, non mi ha detto altro.
MANGANO-Va bene. A che ora ci vediamo?
DELL’UTRI-Quando dice lei.
MANGANO-No, va bene.
DELL’UTRI-Dov’è lei. Al solito in Via Moneta?
MANGANO-Eh, si.
DELL’UTRI-Si?
MANGANO-Si.
DELL’UTRI-E allora si telefona a Tonino? Se mi telefona, aspettava la sua telefonata, oppure…?
MANGANO-No, perché lui mi pare che alle 4 telefona.
DELL’UTRI-Allora che fa? L’aspetto o non l’aspetto.
MANGANO-Si. Meglio è.
DELL’UTRI-Allora aspetto la telefonata di Tonino e ci dico alle 4 e mezza da lei. E’ giusto l’orario?
MANGANO-Magari …
DELL’UTRI-Magari 5?
MANGANO-Ma lo sa lei che può fare, dottore?
DELL’UTRI-Eh?
MANGANO-Può venire qua e lo lascia detto al ragazzo.
DELL’UTRI-No, perché sono solo. Non c’è nessuno. Qui non c’è nessuno.
MANGANO-Perché lui passa qua alle 4.
DELL’UTRI-Ah, passa lui?
MANGANO-Perciò può venire direttamente qua e chiamarlo.
DELL’UTRI-E allora lo fermasse e ci dici che sto arrivando.
MANGANO-Eh, allora aspetto qua.
DELL’UTRI-E’ logico.
MANGANO-E’ ora che la sbrogliamo ‘sta cosa.
DELL’UTRI-Va bene.
MANGANO-Va bene.
DELL’UTRI-OK
MANGANO-Arrivederci
mercoledì 17 novembre 2010
Siamo alle comiche! Maroni smentisce se stesso
E' sconcertante il terrorismo mediatico contro Saviano! Saviano ribadisce l'allarme lanciato dal ministro Maroni pochi mesi prima e viene pesantemente attaccato dallo stesso ministro e dalla stampa di destra. Perchè tutta questa inutile e pretestuosa polemica?
venerdì 26 marzo 2010
PEDOFILIA: PERCHE' SOLO ADESSO LA CHIESA SI MOSTRA INTRANSIGENTE?
Adesso la Chiesa è sotto accusa continua per i ripetuti e numerosissimi episodi di pedofilia che vedono coinvolti preti. Episodi sempre nascosti dai vertici e spesso negati per conservare un'immagine pura della Chiesa: un'etica bigotta che è perfettamente in linea con la posizione della Chiesa contro la depenalizzazione del reato di omosessualità chiesta dalla Francia (la chiesa è favorevole a considerare reato l'omosessualità... consentendo anche la pena di morte).
Oggi la posizione intransigente del Papa contro la pedofilia appare più che mai tardiva, nulla infatti la Chiesa ha fatto ad esempio per i presunti abusi nell'istituto Provolo per sordomuti di Verona dove sacerdoti accusati di pedofilia sono ancora in vita e proseguono indisturbati la loro opera di "evangelizzazione"!
Dopo decenni di accuse per il caso Verona di cui hanno parlato giornali, trasmissioni televisive, di cui hanno scritto ampiamente giornali e riviste, dopo lettere sottoscritte dalle stesse vittime di abusi, oggi è sconcertante sentire dire dalla diocesi di Verona (mons. Bruno Fasan): «A tutt’oggi abbiamo ricevuto solo una lettera anonima che riferiva di abusi sessuali senza mai fare un nome, né di un abusato, né di un abusante»
Ricordo, per chi non avesse seguito il caso dell’Istituto Antonio Provolo di Verona, oggi gestito interamente da laici, anche se al vertice ci sono sempre i religiosi della Congregazione della Compagnia di Maria, è divenuto nel corso del tempo un Centro educativo e di formazione professionale. In passato, all’incirca 50 anni fa, l’Istituto Antonio Provolo ospitava piccoli sordo muti delle famiglie povere. E proprio tra quelle mura sembra che siano successe le violenze psicologiche e fisiche che, alcuni sacerdoti e fratelli laici, (25 circa) avrebbero inferto in diversi luoghi e ore della giornata ai ragazzini che l’Istituto ospitava. Le denunce sono di 60 sordomuti, 60 uomini e donne che nei ricordi della loro fanciullezza affiorano ricordi di scene raccapriccianti:
- Avveniva nella sua stanza all’ultimo piano. E mi costringeva a fare queste cose anche a Villa Cervi durante le colonie estive e al campeggio sul lago di Garda”.(Guido, dichiara di essere stato molestato da un prete)
- “Mi costringeva spesso con punizioni (in ginocchio per ore in un angolo) e percosse (violenti schiaffi e bastonature) ad avere rapporti con lui”……“nello stanzone dove dormivo con altri sordi spesso mi svegliava per portarmi nei bagni dove mi sodomizzava o si faceva masturbare. Non ho mai dimenticato”. (Carlo è rimasto all’istituto dai 7 ai 18 anni, e chiama in causa un altro sacerdote)
- “La violenza è avvenuta nei bagni e nelle stanze dell’Istituto Provolo e anche nella chiesa adiacente”. (Ricostruisce Ermanno)
- “Se rifiutavo minacciava di darmi un brutto voto in condotta, questi fatti mi tornano sempre in mente” (un’altra testimonianza)
- “ancora oggi quando lo vedo provo molto disagio. Non sono mai riuscito a dimenticare”. (Giuseppe qualche volta a Verona incontra il suo violentatore)
- Lina ora ha cinquant’anni, è rimasta “all’istituto per sordomuti dai sei ai 17 anni. A tredici anni nella chiesa, durante la confessione faccia a faccia (senza grata), il sacerdote mi ha toccata il seno più volte. Ricordo bene il suo nome. Io mi sono spaventata moltissimo e da allora non mi sono più confessata”.
- Giovanna scrive che un altro prete “ha tirato fuori il membro e voleva che lo toccassi”. E per molte ragazzine i fatti avvenivano nella chiesa dell’istituto, sotto l’altare. A qualcuna, però, è andata molto peggio.
- Nella stanza adibita a confessionale della chiesa di Santa Maria del Pianto dell’Istituto Provolo, alcuni preti approfittavano per farsi masturbare e palpare a loro volta da bambine e ragazze sorde (la porta era in quei momenti sempre chiusa a chiave).
- I rapporti sodomitici avvenivano nel dormitorio, nelle camere dei preti e nei bagni sia all’Istituto Provolo di Verona che al Chievo e, durante il periodo delle colonie, a Villa Cervi di San Zeno di Montagna”.
“Come non bastasse, i bambini e ragazzi sordi venivano sottoposti a vessazioni, botte e bastonature. I sordi possono fare i nomi dei preti e dei fratelli laici coinvolti e dare testimonianza”. Seguono le firme: nome e cognome di 67 ex allievi.
Tutto questo terribile elenco perché?
Solo per dare parola e testimonianza a fatti che purtroppo succedono e che dobbiamo prenderne atto. Per la Curia è stata svolta un indagine accurata che in poco più di un anno, ha portato “gia” chiarezza sulle vicende dell’Istituto Provolo. Secondo la diocesi di Verona è emerso quanto segue:
«La diocesi di Verona vuole rende re noto quanto emerso, senza alcuna reticenza, perchè sia fatta chiarezza sui fatti, senza alcu na volontà di insabbiare». E’ questo il prologo a quanto è emerso. «A tale scopo è stata condot ta una seria ed approfondita in dagine, – scrive la diocesi – svol ta con grande rispetto delle per sone e discrezione, che ha coin volto tutti i soggetti ancora in vita della Congregazione reli giosa, ai quali sono stati addebi tati gli abusi, nonché il persona le religioso e laico addetto alla cura sanitaria, igienica e dome stica degli allievi».
Questo è quanto a reso noto la diocesi di Verona sugli accertamenti svolti:
- Negli anni 1958-1965 risul tano alcuni episodi di violenza fisica su due sordomuti nel con testo di una malintesa attività correttiva. Il religioso responsa bile di tali comportamenti fu allontanato dall’Istituto Provo lo». Il religioso è deceduto.
- «Ne gli anni 1965-1967 due giovani aspiranti alla vita religiosa han no manifestato problemi di di sordine sessuale che li portava no ad importunare e a coinvol gere sia altri aspiranti, sia alcu ni allievi. Sono stati immediata mente allontanati.
- Dal 1965 al 1990 un fratello, non sacerdo te, ha coinvolto in pratiche ses suali alcuni allievi della scuola professionale, cui era addetto. Lo stesso ha avuto anche alcu ne relazioni con sordomute adulte.
- Il signore, che nel 2000, è stato uno degli ispiratori e fondatori dell’”Associazione Sordi Antonio Provolo”, ed è at tivo componente della stessa, da almeno quindici anni non è più addetto ad alcuna attività educativa. E’ in atto un procedi mento canonico di espulsione dalla congregazione religiosa a seguito dei fatti contestatigli e dallo stesso ammessi, anche pubblicamente».
Nulla, dall’in dagine svolta dalla Curia, è emerso a riguardo di monsi gnor Giuseppe Carraro. «Nessu no dei religiosi viventi – prose gue l’indagine della curia – de stinatari delle accuse, risulta impegnato in attività educative o comunque a contatto con giovani, adolescenti e bambini».
Questa è l’indagine svolta dalla Diocesi di Verona che, se mi sbaglio correggetemi, non vede coinvolto nessun prete, ma solo aspiranti…possibili….probabili……..
domenica 21 marzo 2010
REGIONE SICILIA, PENSIONE D’ORO
La Regione Sicilia concede una pensione record all'ex presidente dell'agenzia dei Rifiuti, Felice Crosta: 1.369 euro al giorno. Un assegno pari a più del doppio dell'indennità del presidente della Repubblica. Ne usufruirà l'ex direttore dell'Agenzia dei rifiuti sciolta da poco
L'ultimo grand commis dell'ente più generoso d'Italia, alla fine, si è portato a casa una pensione da favola: mezzo milione di euro l'anno. Ha lottato un paio d'anni, l'avvocato Felice Crosta, per un diritto che alla fine gli è stato riconosciuto dalla Corte dei Conti. Quei soldi gli spettano. Perché così ha stabilito una legge della Regione siciliana, approvata nella stagione d'oro del governatore Cuffaro. E l'amministrazione, proprio in questi giorni, si sta adeguando, aprendo la cassa. Mezzo milione. Cioè 41.600 euro al mese, 1.369 euro al giorno. Cifra lorda, sia chiaro. Ma destinata a fare impallidire persino capi di Stato, governatori di Bankitalia e giudici della Corte costituzionale: Giorgio Napolitano, per dire, ha un'indennità annua di circa 220 mila euro. Carlo Azeglio Ciampi, prima di insediarsi al Quirinale, si vide riconoscere da Palazzo Koch una pensione da 34 mila euro al mese.
Mentre Romano Vaccarella e Gustavo Zagrebelsky, ex presidenti della Consulta, percepiscono rispettivamente assegni di quiescenza pari a 25.097 e 21.332 euro mensili, secondo i dati rivelati da L'Espresso nel 2008. Il superburocrate siciliano, insomma, non si limita a doppiare i colleghi della Regione, tutti beneficiati dal vecchio sistema di calcolo retributivo, ma si candida a tutti gli effetti per la palma del dipendente pubblico più pagato d'Italia. Fra quelli in servizio e a riposo. Sfondando con decisione pure il tetto ai trattamenti previdenziali "obbligatori" posto nell'ormai lontano ottobre del 2003 dal consiglio dei ministri: 516 euro al giorno, il vecchio milione di lire. Crosta quasi triplica quella somma.
Il sultano dei servitori della pubblica amministrazione è un dirigente di lungo corso che negli ultimi due lustri ha gestito l'emergenza rifiuti in Sicilia. Un'emergenza che non è finita: gli Ato, gli organismi che dovevano assicurare il servizio di raccolta e smaltimento, hanno accumulato oltre un miliardo di debiti, la gara per i termovalorizzatori è stata annullata dall'Unione europea e i cassonetti stracolmi autorizzano ormai i paragoni con la Campania. Ma Crosta, prima da vicecommissario per l'emergenza poi da capo dell'agenzia siciliana per i rifiuti, in questi anni ha visto accrescere i propri compensi fino a 460 mila euro. Una cifra che il suo mentore, l'ex governatore Salvatore Cuffaro, gli accordò nel marzo 2006. Un'indennità che a Crosta è valsa come base pensionabile, in forza di un emendamento approvato dall'Assemblea regionale siciliana a fine 2005, cioè proprio alla vigilia della sua nomina: un caso? Chissà. Di certo, nella Regione dove oggi impera Raffaele Lombardo - che ha rotto con l'ex amico Cuffaro - oggi non si fanno salti di gioia.
Anche perché, oltre all'assegno mensile, l'ente dovrà riconoscere a Crosta circa un milione di arretrati e la somma relativa alla rideterminazione del Tfr. In un primo momento, l'amministrazione si era opposta alla liquidazione della maxi-pensione, riconoscendo "solo" 219 mila euro all'ex dirigente. Crosta si è però rivolto alla Corte dei Conti che ha attestato il suo diritto. La legge si può discutere. Ma va applicata. "Non si tratta certo di un regalo, io ho lavorato per 45 anni", si difende l'interessato. La Regione siciliana dai conti in rosso - due miliardi di deficit - non ha potuto che fare appello alla sentenza della magistratura contabile.
L'ultimo beneficio, peraltro, va a pesare su una spesa previdenziale già ragguardevole: oltre 560 milioni per pagare le pensioni di un esercito di ex dipendenti (14.917) più folto del personale in servizio. Tutti a carico del bilancio, perché la Regione siciliana è fra i pochi enti in Italia a non avere ancora attivato un fondo quiescenza, pur avendolo istituito per legge.
E continua a erogare baby-pensioni a tutti coloro che dimostrano di avere un parente infermo da accudire. Un'estensione tutta siciliana della legge 104 - anch'essa figlia di una norma varata dall'Ars - che ha premiato negli ultimi anni 700 impiegati andati a riposo con 25 anni di anzianità (ne bastano 20 per le donne). Ne ha approfittato anche l'ex segretario generale Pier Carmelo Russo. Che a dicembre, dopo il pensionamento, è stato promosso assessore regionale dal governatore Lombardo.
mercoledì 17 marzo 2010
Rai per una notte
Dalla rete un video in cui Ruotolo, Augias e Floris intervengono sulla sospensione dei programmi Rai d'informazione. Buona visione
lunedì 15 marzo 2010
IMBAVAGLIATECI TUTTI!
Non c’è solo l’Agcom nella squadretta di manganellatori messa in piedi sotto il comando di Silvio Berlusconi per azzittire gli show politici sulla Rai. A Il Fatto Quotidiano risulta che numerose intercettazioni trascritte dalla Guardia di Finanza riguardano la Commissione di vigilanza sui servizi radiotelevisivi. In particolare un ruolo chiave nella “strategia” messa in piedi da Silvio Berlusconi per arrivare allo stop di Michele Santoro (una vera ossessione per il Cavaliere) lo riveste Giorgio Lainati, deputato del Pdl e vicepresidente della Commissione. Questo ex giornalista Mediaset promosso dal padrone deputato nel 2001 è sempre stato un bulldog degli interessi del Cavaliere nel Parlamento. Quando il commissario dell’Agcom Giancarlo Innocenzi (il coach della squadretta del presidente) deve riunire tutti i fedelissimi insediati nei gangli dell’informazione, è proprio Lainati il primo della lista. Innocenzi entra in fibrillazione alla fine di novembre quando si scopre che Santoro, dopo la puntata con Patrizia D’Addario, dopo la trasmissione incentrata sul sottosegretario Nicola Cosentino e la camorra, ora sta preparando un focus sul caso Berlusconi-Mills. Più che il commissario dell’Autorità Garante delle Comunicazioni, sembra il commissario tecnico della squadretta del suo padrone e dirama le convocazioni per un incontro urgente.
Il presidente del Consiglio gli ha dato un incarico preciso: “Elaborare la strategia per arrivare alla chiusura di Annozero ma anche di Ballarò’e magari di Parla con me”. Innocenzi chiama subito la sua sporca mezza dozzina per organizzare un incontro. Da vero pasdaran della causa che arriva a dire: “Per me conta solo una persona”, cioè l’amato Berlusconi (da lui definito indifferentemente “Capo” o “Padrone”) si lancia ventre a terra a caricare “gli uomini del presidente”.
All’appello dei fedelissimi registrato dagli investigatori i convocati sono il direttore generale della Rai, Mauro Masi; il consigliere di amministrazione dell’azienda pubblica , Alessio Gorla e – difficile anche solo a immaginarsi – un magistrato importante: Cosimo Ferri. Proprio lui il potente presidente della settima commissione del Consiglio Superiore della Magistratura, quella che stabilisce gli incarichi direttivi. Innocenzi lo convoca ogni volta che c’è da prendere una decisione importante. Per esempio, prima di preparare le due lettere che dovevano essere inviate dall’Agcom e dal direttore generale della Rai Mauro Masi per soffocare in una tenaglia Annozero, Innocenzi chiede al consigliere della Rai Alessio Gorla (che subito le fornisce in via riservata) le carte che servono a Cosimo Ferri. Nei fedeli resoconti al premier delle sue attività, Innocenzi cita sempre Cosimo Ferri come uno degli uomini che stavano dando una mano per supportare con adeguate motivazioni legali la strategia per colpire i nemici mediatici del Cavaliere. Innocenzi riferisce a Lainati tutte le sue mosse. Gli racconta di avere chiamato il direttore generale della Rai Mauro Masi, il consigliere di amministrazione della concessionaria pubblica, Alessio Gorla e di avere comunicato a tutti l’obiettivo: “Bisogna trovare una soluzione per evitare che Santoro faccia il processo Mills”. Nelle telefonate è citato spesso ma non appare mai il presidente dell’Agcom. Mentre il suo braccio destro, Roberto Viola, è in contatto continuo con Innocenzi e funge da pontiere tra i due. Comunque a giudicare dai risultati, tra tutti proprio Giorgio Lainati, si rivelerà il giocatore decisivo della partita. Alla fine, dopo mille fallimenti e mille lavate di capo del capo ai suoi “killer” pasticcioni e incapaci è stata proprio la commissione di vigilanza a regalare l’assist vincente che ha permesso all’Agcom di segnare il goal. Il provvedimento firmato dall’Autorità (e annullato dal Tar due giorni fa) che è riuscito a ottenere l’oscuramento di Annozero, Ballarò e delle altre trasmissioni politiche durante la campagna elettorale delle regionali, infatti, è stata l’attuazione di un regolamento approvato dalla Commissione di Vigilanza il 10 febbraio scorso. Quel regolamento, è stato censurato implicitamente dai giudici amministrativi che non potevano certo annullarlo senza scatenare un conflitto tra potere giudiziario e legislativo.
Ma nella motivazione dell’annullamento dell’atto dell’Agcom è evidente la censura per un regolamento parlamentare che impone di applicare a tutte le trasmissioni preelettorali le severe regole delle tribune. Non c’è dubbio che il protagonista di quella partita, l’uomo che ha promosso e difeso contro ogni critica il regolamento che imbavaglia gli show politici pubblici lasciando campo libero a quelli privati del suo ex datore di lavoro, è proprio Lainati. Quando Innocenzi lo chiama dopo l’ennesima trasmissione di Michele Santoro indigesta al Capo, il vicepresidente della commissione parlamentare che dovrebbe garantire l’informazione corretta a tutti i cittadini risponde: “Io faccio il soldato, voi ditemi quello che devo fare e io lo faccio”.
Lainati è il pasdaran della squadretta e morde il freno quando lo chiamano per la battaglia. È infuriato anche con il Cavaliere che continua a scegliere uomini troppo mosci, come Fabrizio Del Noce o Mauro Masi, che lui chiama Alice nel paese delle meraviglie. È colpa del presidente del Consiglio che li ha messi in quei posti se la meta non arriva. E Santoro riesce ad andare in onda. Dopo la puntata di Annozero sul caso Mills è lui stesso a proporre a Innocenzi: “Facciamo un esposto e vediamo cosa riuscite a farci poi voi dell’Agcom”. I due organizzano subito un incontro con i parlamentari del centrodestra più vicini. L’ex sottosegretario alla Giustizia Iole Santelli, oggi membro della commissione di Vigilanza anche lei, risponde alle convocazioni e alle telefonate prontamente. Ma anche il presidente della commissione parlamentare, Alessio Butti, e il leghista Davide Caparini, a sentire Innocenzi e Lainati, sono d’accordo. Chissà se è tutto vero quello che dicono al telefono, una cosa è certa, alla fine la commissione di Vigilanza riuscirà nel suo obiettivo.
da Il Fatto Quotidiano del 14 marzo 2010
mercoledì 10 marzo 2010
Vietato fare domande fuori dal coro!
Berlusconi litiga con il “giornalista contestatore” Rocco Carlomagno e lo fa cacciare dalla conferenza stampa
Finale convulso di conferenza stampa, nella sede del Pdl a Via dell'Umiltà dopo che per tre volte Rocco Carlomagno, giornalista freelance, ha incalzato il premier Silvio Berlusconi.
«Lei si sta rendendo volgare e ridicolo - dice il premier mentre il giornalista gli chiede chiarimenti sulla ricostruzione dell'Aquila - io capisco perché lei sia così arrabbiato. La mattina quando lei si pettina davanti allo specchio, si è già rovinato la giornata». Il cronista intanto continua a porre domande in tono provocatorio. Berlusconi perde la pazienza: «Questa - dice - è una conferenza stampa, e non è per gli individui come lei, ma per i giornalisti». Il premier aveva ripercorso nei dettagli la vicenda che ha portato al caos sulle liste del Pdl.
Ma il cronista freelance non molla, e il premier ribatte: «A nessuno di noi passerebbe nemmeno per la testa di andare a disturbare una conferenza stampa di un leader della sinistra in un momento come questo. Questo dimostra la sua sensibilità. Questa è la sinistra - dice il premier indicando il contestatore - la sinistra con cui abbiamo a che fare», dice Berlusconi abbracciando Renata Polverini. Alla fine la security ha accompagnato Carlomagno fuori dalla sala.
Nella vicenda è entrato anche il coordinatore del Pdl Ignazio La Russa, che dopo aver raggiunto l'uomo seduto tra i giornalisti, si è poi nuovamente avvicinato a Carlomagno e dopo averlo energicamente invitato a parole a smetterla, gli ha poggiato una mano sulla testa. Rocco Carlomagno ha fatto sapere di voler querelare La Russa «per aggressione, perché la libertà di stampa si difende anche così». «Ho posto delle domande al premier su come mai il sistema di tangenti di Bertolaso era occultato nei bilanci della Presidenza del Consiglio - ha spiegato -. Quando
La Russa si è accorto che volevo fare domande diverse da quelle preconfezionate fatte fino a quel momento, hanno cercato di chiudermi la bocca».
Finale convulso di conferenza stampa, nella sede del Pdl a Via dell'Umiltà dopo che per tre volte Rocco Carlomagno, giornalista freelance, ha incalzato il premier Silvio Berlusconi.
«Lei si sta rendendo volgare e ridicolo - dice il premier mentre il giornalista gli chiede chiarimenti sulla ricostruzione dell'Aquila - io capisco perché lei sia così arrabbiato. La mattina quando lei si pettina davanti allo specchio, si è già rovinato la giornata». Il cronista intanto continua a porre domande in tono provocatorio. Berlusconi perde la pazienza: «Questa - dice - è una conferenza stampa, e non è per gli individui come lei, ma per i giornalisti». Il premier aveva ripercorso nei dettagli la vicenda che ha portato al caos sulle liste del Pdl.
Ma il cronista freelance non molla, e il premier ribatte: «A nessuno di noi passerebbe nemmeno per la testa di andare a disturbare una conferenza stampa di un leader della sinistra in un momento come questo. Questo dimostra la sua sensibilità. Questa è la sinistra - dice il premier indicando il contestatore - la sinistra con cui abbiamo a che fare», dice Berlusconi abbracciando Renata Polverini. Alla fine la security ha accompagnato Carlomagno fuori dalla sala.
Nella vicenda è entrato anche il coordinatore del Pdl Ignazio La Russa, che dopo aver raggiunto l'uomo seduto tra i giornalisti, si è poi nuovamente avvicinato a Carlomagno e dopo averlo energicamente invitato a parole a smetterla, gli ha poggiato una mano sulla testa. Rocco Carlomagno ha fatto sapere di voler querelare La Russa «per aggressione, perché la libertà di stampa si difende anche così». «Ho posto delle domande al premier su come mai il sistema di tangenti di Bertolaso era occultato nei bilanci della Presidenza del Consiglio - ha spiegato -. Quando
La Russa si è accorto che volevo fare domande diverse da quelle preconfezionate fatte fino a quel momento, hanno cercato di chiudermi la bocca».
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